Nonostante le penose smentite corredate da incresciose minacce di querela messe in scena da dirigenti Cepu, sghembi vassalli ed esangui lacchè qualche tempo fa, la dichiarazione di fallimento del noto istituto emessa dal Tribunale di Roma il 17 febbraio scorso è un dato di fatto inconfutabile. Lo sanno bene i suoi creditori, i suoi ex dipendenti obbligati ad ingoiare le asperità degli ultradecennali contratti a progetto per esigenze di sopravvivenza, i consulenti e i rispettivi legali di tutta Italia che si confessano per la prima volta sui forum dedicati alla cultura e alla formazione universitaria per uscire allo scoperto senza remore. Questi sono i numeri forniti (fonte: lultimaribattuta.it): oltre 38 milioni di debiti maturati nei confronti di enti previdenziali, più di 34 milioni di debiti tributari e diverse decine di milioni di euro per un totale di oltre 112 milioni. Roba da far accapponare la pelle. Molti furenti creditori del noto istituto di preparazione universitaria, opportunamente assistiti dai propri avvocati, si spingono oltre ed invocano a gran voce il rigore penale radicato in altri paesi ove la certezza del diritto è avulsa da patteggiamenti e contrattazioni. A prescindere dalle succitate posizioni Il parere di chi scrive è che la giurisprudenza tende progressivamente a scendere a patti con l’imprenditoria per giustificarne in qualche modo asimmetrie e scelte degenerate, blandendo in buona sostanza il nerbo della legalità. Se al diritto basta un fallimento definito dai più “pilotato ex ante” per compromettere la dignità dei creditori, per molti non basta certo un travestimento di nomenclatura per eliminare con un colpo di spugna lo sfuggente modus operandi che caratterizza il Cepu da anni. Oggi Cepu cambia la sua pelle come i serpenti per diventare “Studium”, una parola affonda la sua rima nel temine “Debitum”. Senza scomodare quanti segnalano che la suddetta operazione di facciata sia un escamotage che, di fatto, trasla alla prole del numero uno di Cepu la passata gestione, sui blog dedicati alla discussione dell’argomento in oggetto si respira aria di sfiducia e sconforto. Basta un’operazione di sbrigativa chirurgia estetica per recuperare la fiducia dei propri interlocutori e dei creditori che la giurisprudenza lascerà a bocca asciutta? Questo è il quesito che si pongono in molti tra perplessità e disappunto. Il parere di chi scrive è che il serpente cambia pelle quando la sua epidermide diventa rigida ed incapace di rigenerarsi nel tempo. Del resto, chi conosce a fondo la tecnica industriale e commerciale sa bene che il packaging, ossia il maquillage dell’involucro di un prodotto spesso fallimentare non basta certo ad arrestare il suo preminente declino.
Per trasformare le “rate” di una dilazione di pagamento del tributo comunale sui rifiuti in una “rete” in cui imprigionare il contribuente casertano basta davvero poco. Il sistema è tristemente noto alla cittadinanza del capoluogo di Terra di Lavoro: stiamo parlando di Publiservizi srl. Notiziari e quotidiani hanno riportato pletore di approfondimenti su talune disfunzioni della società che si occupa della riscossione dei tributi comunali, grazie alle centinaia di preziose testimonianze rese dai cittadini incappati per errore nelle maglie della società suindicata. Dalla mancata notifica degli avvisi di pagamento alla richiesta reiterata di imposizioni doppie e triple relative allo stesso periodo (ex assessore comunale docet!), sino all’assenza di chiarezza degli atti e all’intransigenza fuori misura di impiegati spesso scortesi nei confronti del pubblico. Le note dolenti che alimentano gli orientamenti asimmetrici di Publiservizi sono quasi sempre le stesse: sommarietà, gravissimo deficit di integrazione operativa tra i diversi uffici della società e pretese di adempimento, imperative solo per i contribuenti. E’un distintissimo signore 78enne a raccontare, in lacrime, la sua tragica disavventura legata al versamento del tributo sui rifiuti alla Publiservizi. Il distinto contribuente di Rione Tescione narra di aver chiesto una dilazione di pagamento della tassa in oggetto attraverso un’ istanza di rateizzazione regolarmente concessa senza obiezioni da parte della stessa società di riscossione. Il gentile contribuente casertano dimostra di essere in possesso di tutte le ricevute di pagamento delle rate riferite al tributo in questione eccetto una, in attesa di imminente versamento. Tuttavia l’anziano signore, estremamente provato e noto al pubblico per la sua spiccata coscienza civica, è stato accusato di “evasione” in ordine all’intero tributo dilazionato. A tal proposito il contribuente in questione mostra la notifica del procedimento di riscossione coattiva istruita sulla propria esigua pensione, gravato da oneri vari, interessi moratori e multe accessorie salatissime calcolate su somme regolarmente versate. Per fortuna l’anziano cittadino, recatosi negli uffici amministrativi della società succitata, siti in corso Giannone, è riuscito a dimostrare la propria estraneità a notifiche e procedimenti pervenutigli. Purtroppo, i riscontri esibiti e le rimostranze esternate dal contribuente casertano non sono bastate a risparmiargli il pagamento di 46 euro per le spese di notifica che nessuno ha inteso scontargli nonostante l’evidenza marchiana d’errore. Secondo molti cittadini “siamo di fronte ad una pistola fumante”: un inerme, rispettabile e anziano contribuente è stato obbligato a pagare circa 90000 lire del vecchio conio per l’errore manifesto di una società che gestisce la riscossione per conto del Comune di Caserta. Non è a questo punto sufficiente suggerire alla cittadinanza di custodire gelosamente le ricevute dei versamenti indirizzati alla Publiservizi, soprattutto se relativi a dilazioni di oneri. Sulla falsariga dell’Agenzia delle Entrate e delle centinaia di dirigenti illegittimi segnalati dalla Corte Costituzionale sui quali non si è ancora lumeggiato abbastanza, Publiservizi mostrerebbe ancora una volta di battere cassa alla carlona e alla cieca senza, invece, battere ciglio. Dunque, stando alle dichiarazioni dei cittadini, emerge che di tanto in tanto, la società in oggetto impone ai contribuenti regole di correttezza che essa stessa disattende egregiamente per prima (con il placet delle istituzioni), contrariamente a quanto disposto dallo Statuto dei Diritti del Contribuente. Lo conferma con tanto di carte e documenti probatori anche un altro contribuente casertano residente in zona “167” il quale, per una dazione indebita attende da Publiservizi un rimborso 3 anni or sono. Purtroppo la società di riscossione rende noto a tal proposito, che non accetta forme di compensazione e neppure fornisce termini esatti entro i quali restituire le somme trattenute chissà perchè. C’è veramente poco da aggiungere alle lamentele legittimamente enunciate se non l’enorme indignazione dei contribuenti cittadini. A parere di chi scrive puntare il dito contro gli evasori fiscali è un abile stratagemma per deresponsabilizzare istituzioni, maestranze comunali e liquidare in maniera estremamente sbrigativa questioni di inaudita gravità. “Del resto,”aggiungono i contribuenti vessati da Publiservizi, “quando si parla di immondizia, si sa dove si incomincia ma non si sa dove si finisce”.
Anno nuovo, vergogne di sempre. Almeno dal punto di vista tributario non cambia nulla in ordine alla riscossione dei tributi locali affidata infaustamente a Publiservizi srl. Una vecchia conoscenza dei contribuenti casertani, quella della società che incassa e gestisce a suo uso e consumo gabelle per il comune di Caserta, la cui genesi e i cui orientamenti risultano ad oggi ambigui e di difficile interpretazione per cittadini e tributaristi tutti. Non certo per le maestranze municipali che attingono costantemente al denaro rastrellato dalla società nei modi più disparati e scorrazzano a destra e a manca senza il bisogno di entrare nel merito di certe pratiche di imposizione e riscossione a dire poco vessatorie e “contra legem”. Oltre a numerosi video denuncia postati su Youtube, diversi articoli pubblicati dallo scrivente in ogni dove e informative debitamente documentate trasmesse ad assessori e consiglieri comunali sin dai tempi della giunta Petteruti, resta solo la rassegnazione e il silenzio di chi trae beneficio dalle gravissime asimmetrie fiscali promosse dalla Publiservizi. Sono migliaia i cittadini che lamentano difatti le incursioni della società nei bilanci familiari per i molteplici tentativi di riscuotere indebitamente la seconda rata della Tarsu inerente lo scorso anno, nonostante il suo versamento risulti regolare, documentato e puntuale. Disguidi burocratici e amministrativi, si potrebbe obiettare. Niente affatto, perché la sinistra manovra posta in essere come un tentativo di estorsione fiscale mascherato da apparente assenza di evidenza di contribuzione, attiva non di rado inutili, onerosi e insidiosi procedimenti di accertamento, per timore dei quali i contribuenti più inermi, sprovveduti ed anziani, sono quasi sempre costretti a soccombere versando indebite dazioni e pagando più volte per il medesimo balzello. La sede societaria di via Botticelli è oramai un porto di mare affollato com’è di contribuenti prostrati e turbati dalle continue protrusioni di Publiservizi srl , ma anche incapaci di opporsi alle angherie della discutibile società di esazione. Alcuni di questi solleciti di pagamento, tra l’altro, vengono fatti recapitare agli sfortunati cittadini in maniera assai singolare dai corrieri della ditta Punzi srl sita a Caserta in viale Kennedy. Questi ultimi, sottopagati e demotivati secondo alcune indiscrezioni, credono bene di depositare nelle cassette postali dei casertani le cartoline atte al ritiro dei suddetti avvisi presso gli uffici della posta centrale di viale Ellittico, simulando l’assenza dei destinatari contribuenti mai contattati effettivamente. Gli abitanti di condomini, rioni e interi quartieri mai raggiunti dai corrieri succitati sono obbligati così a sciropparsi le ben note e interminabili code agli sportelli tra urla e bestemmie per ritirare la propria notifica, sebbene ingiustificata e inopportuna. Non è questo però l’aspetto più increscioso e grottesco della vicenda, alla quale andrebbero ulteriormente sommati gli sprechi siderali di carta, energia, ore lavoro, personale, risorse, computers e prezioso tempo sottratto alle famiglie perso, invece, dietro simili e immotivate congestioni. E’ l’inefficienza e l’inettitudine del personale della Publiservizi che incute più timore a quanti si imbattono nelle maglie asfittiche della sua cronica untuosità. Non serve difatti esibire le ricevute del versamento debitamente effettuato in misure e tempi utili ad onorare in toto il tributo, erroneamente contestato e notificato dalla società a responsabilità limitata Publiservizi. Infatti, a sentire un poco istruito giovane impiegato barbuto, affannosamente alle prese di monitor e tastiera negli uffici interni della Publiservizi, udite udite, la ricevuta “non costituisce prova di avvenuto pagamento”. L’impiegato in questione, scusandosi delle balzane direttive impartitegli “dall’ alto”, sentenzia che per stralciare il presunto debito del contribuente costruito ad arte sul nulla dalla ex “Teleservizi” per prendersi gioco e denaro dei cittadini, occorre esibire un numero di avviso, quello del sollecito errato, senza il quale “non c’è niente da fare”. Vale la pena rammentare che Publiservizi srl ogni anno aspetta sistematicamente che sia la maggior parte dei contribuenti a recarsi nei suoi uffici per ritirare i moduli di pagamento del tributo sui rifiuti anziché spedirli. Lo scopo del disservizio evidente è solo quello di accumulare tempo prezioso per rivendicare il versamento in mora, maggiorato di sanzioni aggiuntive e spese accessorie, utili solo a battere cassa. Se da una parte quanto denunciato stride sonoramente sui dettami di “chiarezza, semplificazione e trasparenza” sanciti dallo Statuto dei Diritti del Contribuente, dall’altra non fa che evidenziare l’inaffidabilità istituzionale e l’esecrabile persecuzione che l’intera macchina amministrativa comunale innesca ai nostri danni a mezzo di espedienti e trappole per topi con il placet del sindaco e di tutti gli altri elementi che la rappresentano tanto egregiamente.
Giovani e adulti berlinesi sono solitamente molto attenti, specie negli ultimi tempi, alle trasformazioni che investono la propria città, della quale vanno giustamente fieri in tutto il mondo. In particolare sono molto avvezzi a custodire l’integrità delle spiagge e delle strutture ludico ricettive attigue al poderoso fiume che attraversa la capitale tedesca, lo Spree. Lungo di esse si snodano centri ricreativi, palchi attrezzati per giovani musicisti, centri culturali, parchi giochi, centri polisportivi, locali e spiagge dove riunirsi al riparo dalla calura e prendere la flebile tintarella estiva del luogo. Ultimamente gli attivi berlinesi stanno insorgendo e manifestando, anche attraverso espressioni spettacolari molto plateali, contro un piano edilizio che intende costruire centri residenziali e direzionali proprio lungo le sponde del notevole fiume cittadino. Un segno questo che amano la propria città e la difendono dalle potenziali incursioni speculative, almeno finchè possono. Come ho più volte affermato sui giornali cartacei e online, gran parte della popolazione di Casolla di Caserta vive invece in uno stato di degrado e di abbandono abissale, caratterizzato dalle invasioni di sterpaglie, spazzatura, acque pluviali, fango, detriti e chi più ne ha più ne metta, soprattutto in prossimità delle abitazioni ubicate a via Montanara, dove la stessa sopravvivenza è a rischio per via dell’assenza del sistema fognario, delle ricorrenti alluvioni e dei cavi elettrici cadenti. Taluni abitanti di Casolla, in special modo l’architetto Domenico Rossi, persona sensibile alle involuzioni e alle problematiche del territorio, mi chiedono di comunicare questo avanzato stato di disagio e profondo malessere ai media locali con l’ausilio di immagini catturate premurosamente dal proprio smartphone. Sono ben lieto di palesare ancora una volta, grazie alle redazioni che mi ascoltano, il pattume che invade la storica frazione di Caserta, che altro non è che la cartina al tornasole di quello ben più maleodorante e inquietante dell’amministrazione che ammanta insidiosamente la città. Mi domando però perché mai gli abitanti delle frazioni casertane non riescano ad emulare i berlinesi, assumendo in prima persona la difesa del proprio territorio per il quale versano balzelli e onerose gabelle, prima ancora di affidarsi ai media. Essi dovrebbero ricordare che quando il sindaco Del Gaudio e i suoi impomatati sponsor politici invasero con proclami purulenti le frazioni di Casolla e Puccianiello, gli abitanti locali li hanno accolsero come degli aspiranti salvatori con teglie di dolci, frittelle ed applausi scroscianti, come se non li avessero conosciuti abbastanza durante i decenni di governo comunale. Eppure erano sempre loro, cloni contraffatti delle loro stesse fotocopie: volti triti e ritriti di un noioso dejà vu. L’unica voce del Centro Destra (per la verità più vicina ad orientamenti di matrice nazional popolare) contraria alla stomachevole melassa amministrativa che ci dobbiamo sorbire anche grazie agli abitanti di Casolla che l’hanno votata, fu quella del sottoscritto. Difatti, lo scrivente fu l’unico candidato del Centro Destra ad avere il ritegno di dichiarare pubblicamente il personale scetticismo e il sovrano disprezzo verso siffatti pastrocchi sui propri manifesti elettorali affissi ovunque. Questi ultimi campeggiavano anche a Casolla, esclusivamente e vistosamente epurati dalla ossianica voce “ con Pio Del Gaudio Sindaco”, che già tuonava come una minaccia alla civiltà delle frazioni e alla loro incolumità. Tutto quel che posso suggerire ai cittadini di Casolla, costretti loro malgrado a convivere con una giungla di scorie, pericoli ed erbacce, è di ricorrere alle Forze dell’Ordine, come ha fatto il sottoscritto due volte pochi mesi or sono per rivendicare il diritto alla salute e all’integrità territoriale del proprio domicilio. La legge ravvisa nella figura del sindaco quella di Ufficiale di Governo avente la responsabilità e il compito di tutelare la vivibilità cittadina: ricordarlo ai manovratori di palazzo Castropignano non può fare che bene alla comunità intera. Spendere ulteriori parole a proposito della sciatteria dell’amministrazione Del Gaudio e della sua distanza siderale dalle problematiche delle frazioni, sarebbe un inutile dispendio di risorse come del resto l’accattonaggio dei voti nei tempi di fermento elettorale. Chi vuole una città meno pacchiana, meno ancorata alle apparenze di “Settembre al Borgo” e più vivibile può scegliere di ribellarsi rinnegando il turpe vizio della rassegnazione e le deleghe epistolari, altrimenti rinunci pure a lamentele e inutili piagnistei.
Chi pensava che il sindaco Del Gaudio fosse un pioniere delle trovate pubblicitarie autoreferenziali oggi deve certamente ricredersi. Le Amministrazioni di due città meridionali, Napoli e Crotone, la prima destinataria di emolumenti governativi e trasferimenti straordinari anomali, la seconda di discutibile morfologia, hanno dato luogo ad un’ iniziativa a dir poco provocatoria e al tempo stesso ridicola ed infausta. Chi induce gli esercenti ad emettere gli scontrini e dimostra di aver obbligato i negozianti a farne in grande numero, esibendoli materialmente, riceverebbe sconti su premi assicurativi, regali, ricompense e buoni spesa. E’ l’ultima trovata di uno stato che non sa e non vuole attivare i meccanismi istituzionali che esso stesso predispone ex lege per contrastare l’evasione fiscale e che, in alternativa, si affida alla fantasia perversa di amministratori esibizionisti che non disdegnano di porre i cittadini gli uni contro gli altri, consumatori contro esercenti. Probabilmente lo stato non vuole ammettere pubblicamente che l’evasione fiscale è una piaga che esso stesso ha creato con certosina pazienza per agevolare i trasgressori maggiori e torturare i più fragili. Ad onor del vero, senza strizzare l’occhio ad evasori ed elusori fiscali, la manovra si configura come una forzatura che aggira abbondantemente l’ordinamento come pure il buonsenso. In determinati distretti l’inoculata iniziativa potrebbe addirittura creare dissidi e ripercussioni microeconomiche locali, oltre che resse e assembramenti indotti dal gusto deforme della curiosità come sta già accadendo. Uno stato che formula norme e le rinnega dandosi ragione da solo fuori e dentro i processi tributari, sfruttando cavilli burocratici a proprio uso e consumo è assolutamente disdicevole. Uno Stato che alza la pressione fiscale a livelli parossistici prossimi al 60% del reddito prodotto dalle imprese che non paga, inducendo chi le amministra e chi vi lavora al suicidio e all’emigrazione forzata in Carinzia o in Germania è penosamente infimo. Uno stato che designa dei “saggi” al di fuori di ogni logica costituzionale che si scoprono poi essere coinvolti in scandali di concorsi universitari truccati e che alimenta baronie e nepotismo in ogni suo alveo è ignobile quanto la corruzione che alimenta. Uno Stato che designa centinaia di nuovi dirigenti, commissari e presidenti ai quali corrisponde un compenso annuo superiore ai 250000 euro è un orpello del feudalesimo becero e diffamante. Uno Stato, infine, che aumenta di un quarto il compenso di un esponente della CGIL e che regala 90 miliardi di euro ai gestori del gioco d’azzardo è quantomeno sleale e, se non offre rispetto, non può minimamente rivendicare di esserne destinatario. La dimostrazione degli amministratori di Napoli e Crotone sottolinea semplicemente che lo stato italiano eccelle nell’arte della mistificazione e che, consapevole della sua verticale caduta di credibilità, invece di attenersi all’ordinamento che diserta puntualmente, gioca d’astuzia e sobilla i cittadini in luogo di motivarli. Piuttosto che ricorrere ai surrogati programmati dalle amministrazioni delle due città meridionali succitate, le amministrazioni comunali devono tassativamente attenersi al dl 203 del 2005 che conferisce ufficialmente agli enti comunali un poderoso potere ispettivo sostenuto dalla polizia municipale e un rigoroso potere di accertamento tributario da condividere con l’Agenzia delle Entrate, per il quale percepisce lauti compensi di oltre un terzo delle maggiori somme dei redditi verificati. Queste legittime direttive derivanti unicamente dalle proiezioni del legislatore, unitamente alla coscienza civica e amministrativa dovrebbero essere gli unici strumenti fisiologici in grado di determinare il rispetto delle norme tributarie in uno stato di diritto. Ulteriori mezzucci e volgari sotterfugi spingerebbero il contribuente ad uniformarsi per l’aspettativa della premialità e non per un dovere ineluttabile. C’è di peggio. Se questo caso apparentemente isolato dovesse costituire un attraente precedente per un orda di comunità ulteriori, sarebbe lecito attendersi che per ogni tributo nuovo da versare sarebbe altresì necessario introdurre altrettanti meccanismi di incentivo, senza i quali l’aspettativa della regolare contribuzione verrebbe certamente delusa. Auspichiamo che il sindaco Del Gaudio pur animato dalle sue comprensibili esigenze di reclamizzazione in un periodo non proprio edificante, resti indenne a queste inutili prove muscolari e si attenga rigidamente al decreto per implementare la riscossione.
I contribuenti casertani devono subire le insidie di oggetti pericolanti e infrastrutture fatiscenti, oltre alle vessazioni amministrative del dottor Pio Del Gaudio. Nessuno è al sicuro, siamo sotto il cielo, è proprio il caso di dirlo!
Si potrebbero definire una sorta di derivati commerciali, non distinti e neppure troppo distanti dalle insidie dei più noti derivati finanziari sfornati dal Monte Paschi di Siena: le ambigue fisionomie dei venditori organizzati Fiat. Queste ibride realtà commerciali si ammantano infatti di sconcertante enigmaticità e dell’untuosa morfologia che la Fiat ha inteso loro attribuire per il solo tornaconto contabile. Come l’ex ministro Giulio Tremonti autorizzò nel 2010 l’incremento del capitale sociale di MPS, prodezza recentemente rinnovata dal governo Monti, così Fiat rianimava la vivacità commerciale dei suoi concessionari, impastando con certosina pazienza e speciosa arte computista il profilo del “venditore organizzato Fiat”, al pari di un pastaio esperto di riciclo di farine stantie. All’organizzato Fiat il brand automobilistico italiano, ha lungamente riconosciuto un premio grazie all’intercessione dei concessionari, ovvero un emolumento assimilabile ad una provvigione sulle auto vendute, contabilmente configurato come un apparente “costo di produzione”, in linea coi criteri di “inerenza” e “competenza” previsti dalla disciplina giuridica dei redditi d’impresa. Se per certi versi la predetta manovra assicurava alla Fiat un’imposizione fiscale marcatamente edulcorata grazie alla sottostima degli utili conseguiti, per altri il noto marchio torinese predestinava l’appropriazione delle somme precedentemente riconosciute ed erogate ai venditori organizzati a titolo di incentivo, imponendo loro l’obbligo di acquistare in tempi e modi vincolanti forniture di vario genere e valore esclusivamente dalla società del lingotto. Il predetto stratagemma, i cui elementi costitutivi ricordano per molti aspetti uno smaliziato e illecito artificio imprenditoriale denominato “insider trading”, è stato denunciato con atti e documentazioni probatorie da un noto rivenditore d’auto casertano che per lunghi anni ha rivestito il ruolo di organizzato Fiat ed è tuttora al vaglio della magistratura, disposta a quanto pare ad accogliere la richiesta di risarcimento danni del caso. Ma non finisce qui. Il pastrocchio finanziario divulgato recentemente anche dalla celebre trasmissione televisiva “Striscia la notizia” e perpetrato da anni dalla Fiat per rinverdire le proprie casse, già sufficientemente irrorate a danno dei contribuenti italiani dalle prebende statali, si tinge di ulteriori inquietanti ritratti. Quelli dei clienti Fiat imbestialiti e furenti per vetture acquistate e mai consegnate sono invero stralci a dir poco apocalittici e fragorosi. Difatti sia a Caserta che a Bitonto sono state inoltrate denunce alle autorità competenti nei confronti di Fiat e dei rivenditori organizzati i quali, dopo aver trattenuto la caparra versata dai clienti a titolo di impegno per l’acquisto di una nuova vettura, sono letteralmente spariti segnalando con vaga approssimazione, la cessazione della propria attività commerciale in ordine ai ben noti motivi di crisi economica. Ovviamente la Fiat fa orecchio da mercante e come Ponzio Pilato se ne lava le mani rimettendo la patata bollente nelle mani del malcapitato di turno, con l’auspicio che il silenzio cada in fretta sulla contorta vicenda come in ogni commedia all’italiana che si rispetti.
(Articolo pubblicato anche su
http://www.nationalcorner.it) e
La Gazzetta di Caserta del 9 febbraio 2013 a pag.2
A Bankitalia sono indubbiamente sfuggiti interessanti particolari e nozioni basali inerenti le attività creditizie che Monte Paschi ha seguitato imperterrita a svolgere a Caserta dalla fine degli anni “80” sino ai giorni nostri senza crucci né impedimenti di sorta da parte delle autorità. Lo spiega Nando Silvestri, docente e ricercatore di applicazioni economiche del pensiero di J.K. Galbraith, svolte unitamente al professor Antinolfi presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università “Federico II” di Napoli. Stante il fatto che la Banca d’Italia controlla gli istituti del sistema bancario italiano e il Tesoro le fondazioni bancarie, la ricapitalizzazione di Monte Paschi operata da Tremonti prima e il supporto offerto da Monti poi allo storico istituto bancario senese nel cui grembo covavano numerose prebende targate PD, adesso costituiscono un inciucio siderale dai risvolti lesivi degli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana. A Caserta e a Maddaloni sono state infatti inoltrate ad opera di noti legali locali, fragorose denunce nei confronti dell’ufficio vigilanza della Banca d’Italia e dell’ufficio legale del Monte dei Paschi di Siena datate 2009 e 2010, recanti l’evidenza cartolare probatoria di operazioni di capitalizzazione di interessi meglio conosciute come anatocismo bancario e di coazione alla sottoscrizione di contratti di dubbia eziologia aventi ad oggetto l’acquisto dissimulato di insidiosi prodotti finanziari derivati. Le vessazioni in oggetto, lesive della dignità umana (articolo 2 della Costituzione) e del principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) hanno inflitto nocumento ad un noto imprenditore casertano, amministratore unico e legale rappresentante di una srl di Maddaloni, costretto da Monte Paschi a sottostare supinamente ai predetti dictat persecutori in seguito all’accensione di alcuni mutui ipotecari. In concomitanza della stipula di tali contratti, Monte Paschi invitava amabilmente il succitato imprenditore a sottoscrivere un contratto collegato ai sopraindicati mutui per cosiddetto SWAP su derivato con previsione di aumento differenziale dei tassi di interesse a 4 anni. Non solo, le complicazioni finanziarie derivanti dagli ammanchi temporanei inevitabilmente prodotti dall’imprenditore in questione a seguito degli stringenti vincoli creditizi, inducevano Monte Paschi all’applicazione di interessi ultralegali, spese e commissioni non pattuite, oltre che all’aggravio di una pletora di passività indebite sui conti correnti della società, in aperta violazione della norma imperativa di cui all’articolo 1283 del Codice Civile. La delicata faccenda suffragata da atti legali ed esposti inoltrati anche all’Osservatorio Regionale sul Credito della Prefettura di Caserta 3 anni or sono, è perfettamente in linea con gli scandali solo attualmente emersi in ordine ai subdoli intrallazzi in odore di truffa, predisposti ad arte da alcuni esponenti di spicco del Monte dei Paschi di Siena e dai loro conniventi istituzionali per il proprio tornaconto. La sventura dell’imprenditore casertano soggiogato dalla morsa del credito e da cravattari senza scrupoli dai colletti bianchi è solo uno stralcio di un caliginoso ginepraio di contorti intrecci fra finanza e politica che non poteva in alcun modo germogliare senza il placet benevolo delle autorità competenti. Le clamorose vergogne bancarie, lungamente sottaciute dagli addetti ai lavori, sembrano emergere dal nulla ma aleggiavano da tempo nell’aria di Caserta e provincia. A nulla valgono gli sforzi frenetici e indefessi dei sedicenti professori bocconiani e dei loro guitti menestrelli di corte del centro sinistra italiano protesi a blandire la gravità degli eventi nell’imminenza delle elezioni. Difatti, la correità delle istituzioni governative in anni di omertoso silenzio, oltre a tendere una mano a banche che hanno messo in ginocchio le pmi meridionali e a sottrarre risorse al paese, è servita ad enfatizzare lo squallore di ribaldi manutengoli degli schieramenti di turno che si spacciano spudoratamente per leaders vincenti e Deus ex Machina dell’economia nazionale e che Ezra Pound non esiterebbe invece a tacciare con l’epiteto di usurai.
Premessa: questo articolo pubblicato il giorno 8 marzo 2013 sulla "Gazzetta di Caserta" a pag 18 celebra tutte le donne in special modo quelle che con la propria tenacia sostengono l'economia casertana. Diversamente da quanto sostiene la signora Grazia Torre, addetta alla segreteria del quotidiano "Cronache di Caserta", la quale lo ritiene senza alcun motivo razionale e con evidente caduta di stile un gesto di autocelebrazione e di ostentazione dello scrivente. Ritengo assolutamente pleonastici i commenti esternati dal personale del quotidiano "Cronache di Caserta" ai miei articoli e auspico vivamente che le persone di scarsa sensibilità e ridotto intelletto non si avventurino in sterili e inutili polemiche col sottoscritto perchè non ne gioverebbero. (Nando Silvestri)
In occasione della Festa della Donna non poteva mancare una profonda riflessione sui legami esistenti fra imprenditoria femminile, giovanile, territorio e macroambiente. Ad elaborarla analiticamente è stata Confesercenti che ha inteso fare quadrato intorno al ruolo cruciale della donna nell’economia di Terra di Lavoro e alle prospettive produttive che si profilano per il futuro della provincia di Caserta sospinte dai fondamentali contributi umani e professionali di managers, imprenditrici e semplici operaie. Non si tratta di una considerazione di poco conto se si pensa che, in base ai dati forniti dalla Camera di commercio di Caserta, alla fine del 2012 risultavano essere circa 25000 le imprese aventi a capo una donna. E’ inoltre utile ricordare che nel settore commerciale operano 9000 aziende il cui legale rappresentante è una donna e che nel settore turistico e ricettivo le imprese femminili sono circa 2000. Inoltre, a fronte delle circa 1496 aziende femminili che hanno dovuto obtorto collo cessare la propria attività, sono sorte altre 1510 imprese guidate o gestite da donne più o meno giovani che non hanno voluto per nulla rinunciare a mettersi in gioco, all’insegna dell’ardimento e della lungimiranza, nonostante le abissali incertezze della crisi. Si tratta di osservare che in un momento delicatissimo quale quello che stiamo vivendo, talvolta con sfiducia e apprensione, molte delle aspettative di ripresa dipendono anche e soprattutto dalla sensibilità femminile e dalla tipica sollecitudine delle donne lavoratrici ad imprimere una svolta significativa all’economia e alle risorse locali, principalmente a quelle agroalimentari. Purtroppo l’agroalimentare italiano è sempre più terra di conquista straniera. Negli ultimi anni sono passati oltre confine marchi storici del nostro Paese come Parmalat Bertolli, Buitoni, Perugina e Locatelli. E’ così che le multinazionali finiscono per mettere mano su un patrimonio di 210 miliardi di euro l’anno. Tuttavia il settore industriale in specie vede nella presenza lavorativa femminile sul nostro territorio plausibili e accreditabili opportunità di rivalutazione, sostegno e presidio della produzione locale e delle risorse autoctone: sarebbe un errore imperdonabile prescindere da una tale realtà e avvinghiarsi pretestuosamente al torpore e all’arrendevolezza dei miopi e fatalisti sostenitori del clientelismo istituzionalizzato. Occorre credere nelle forze di mercato, nell’accezione più ampia del suo significato, senza temerle e soprattutto senza invocare sommessamente la protezione dei governanti con toni obsoleti e populisti: non ne deriverà nulla di auspicabile e questo la donna integrata nel tessuto economico di Terra di Lavoro lo ha già compreso. Lo hanno intuito anche le giovani donne laureate che, rivolgendosi al sindaco Del Gaudio su Facebook a proposito di tematiche lavorative locali, consigli e indicazioni, si scontrano puntualmente con la scarsa sensibilità delle istituzioni locali, il basso spessore dei loro suggerimenti e i vacui contenuti del loro linguaggio ambiguo e non di rado dissacrante. Insomma, donne e giovani sono realtà umane e volitive, spesso autosufficienti e vibranti di passione, che dal proprio coraggio, dalla propria astuzia e dalla propria incoscienza possono ancora trarre elementi di endemico e rutilante ottimismo di cui il tessuto economico e produttivo della nostra provincia ha tanto bisogno. (Nando Silvestri)
E’ troppo impegnato a postare sui social network ciance e litanie di dubbia attendibilità e morfologia sintattica il sindaco Del Gaudio per prendersi cura del degrado che ammanta vergognosamente frazioni di Caserta come Casolla e Puccianiello. Ma c’è sicuramente un vantaggio in questa bizzarro costume: i cittadini che desiderano interloquire col primo cittadino sanno sempre dove trovarlo se non riescono proprio a incontrarlo in via Ruta mentre disbriga faccende familiari e commissioni private serali con l’auto blu pagata dai contribuenti casertani. Casolla è uno dei tanti aspetti della decadenza amministrativa e lo testimoniano strade come via dei Giardini e via D’Errico, dove il sindaco amava promuoversi durante la campagna elettorale delle scorse comunali carpendo la fiducia dei martoriati cittadini del luogo, alla cui mensa sedeva beatamente mentre brindava alla sua vittoria prefabbricata ed elargiva impegni e promesse di riqualificazione territoriale. Neppure le erbacce vengono rimosse dalla succitate strade se non per diretto interessamento dei cittadini locali. Senza contare i dislivelli vistosi e le voragini apertesi nella pavimentazione obsoleta e priva di sistema fognario che impediscono il transito e l’accesso alle abitazioni private. Le acque piovane copiose ed abbondanti in questa stagione inondano le strade succitate come impetuosi fiumi in piena, sino a sfiorare i cavi elettrici sospesi a pochi metri dal suolo con potenziali tragiche ripercussioni sulla sicurezza dei cittadini. Che dire! La strafottenza del sindaco oramai non fa più notizia ed è praticamente divenuta una questione strutturale come il caos che si verifica sistematicamente in via Ruta dopo la fiera settimanale, acuito da sporcizia stagnante e dalle scorribande di personaggi dell’Est ubriachi e scomposti che ne fanno un punto di ritrovo e di ristoro. Per fortuna ci sono le idee geniali di Del Gaudio che sembra abbia intenzione di istituire delle scuole di musica in città, forse per allietare gli animi affranti come il suo, dalle clamorose esclusioni dalle competizioni elettorali dei suoi cari amici tanto noti e discussi.
Le fauci della speculazione internazionale e dei maggiori gruppi bancari del mondo non si limitano ad azzannare il potere e a gestirlo senza vincoli, né compromessi, ma spingono velocemente l’umanità verso uno stato irreversibile di indigenza e prostrazione. La speculazione sulle materie prime e sui prodotti finanziari derivati, difatti, ha recentemente amplificato i problemi economici dei paesi in via di sviluppo accrescendone indigenza e scarsità di beni di prima necessità come la farina. Morgan Stanley, Goldman Sachs, Barclays e Deutsche Bank sono i maggiori colossi della finanza mondiale che fagocitano rapidamente ingenti quantità di ricchezza attraverso una fitta rete di operazioni speculative che sottraggono al mondo preziose risorse e la stessa sopravvivenza economica, dal momento che tali attività generano severi incrementi dei prezzi delle materie prime. Questi gruppi finanziari sono gli artefici di oltre il 70% degli scambi globali e al contempo attori principali della crisi finanziaria del 2008. A poco servono i ravvedimenti di Deutsche Bank che dalle speculazioni sui prodotti di prima necessità ha tratto un grave calo d’immagine e di prestigio talmente significativi da sollecitare il gruppo bancario tedesco a prendere in considerazione l’ipotesi di ritirarsi da questo genere di operazioni così dannose per i paesi deboli e meno sviluppati. In base alle stime elaborate da accreditati studi sullo sviluppo mondiale, grazie alle speculazioni condotte sui prodotti alimentari il gruppo Barclays ha incamerato in due anni circa 630 milioni di euro, mentre Goldman Sachs oltre 1 miliardo di dollari, dando vita, unitamente agli altri gruppi finanziari succitati ad un giro di affari che sfiora i 150 miliardi di dollari complessivi. Di fronte a queste cifre non si può restare indifferenti soprattutto se si tiene conto che le speculazioni complessive sui prodotti di prima necessità hanno prodotto 44 milioni di poveri e le condizioni oggettive per un ulteriore immiserimento futuro. L’avidità che in tutte le sue accezioni Gordon Gekko (il celebre personaggio del film “Wall Street”, magistralmente interpretato dal brillante Michael Douglas), sosteneva muovere il mondo, ne modifica però così sfavorevolmente la concentrazione della ricchezza, da oltrepassare le sproporzioni dettate dalla celebre legge paretiana “80/20” (l’80% del reddito detenuto dal 20% della popolazione), asservire la politica e le scelte pubbliche al dictat della finanza e affondare l’economia globale nel baratro della miseria.
A gennaio e febbraio gelo e neve hanno sensibilmente danneggiato le produzioni orticole della provincia di Caserta, che fanno segnare così un aumento di circa il 13% nelle quotazioni al dettaglio. Pagano sia le famiglie al supermercato e ai mercatini di quartiere che le imprese agricole in campagna, con costi produttivi record per colpa del freddo e dei nubifragi. Purtroppo occorre ricordare a tal proposito che i prezzi risentono anche degli aumenti vertiginosi dei carburanti che gli agricoltori devono sopportare, tanto per la lavorazione della terra quanto per il trasporto e la distribuzione di semenza e fertilizzanti. I disagi provocati del maltempo si abbattono sui prezzi alimentari al dettaglio, trascinati in alto dalle quotazioni dell’ortofrutta. L’ondata di gelo che non ha risparmiato neppure la Campania e la nostra provincia a gennaio ha compromesso perciò le produzioni in campo, facendo registrare una vistosa impennata dei listini al consumo di verdura (+13,1 per cento) e frutta fresca (+8,4 per cento). Tali dati vengono suffragati anche dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, spiegando i dati Istat sull’inflazione che segna per gli alimentari una crescita del 3,2 per cento annuo, la più elevata dal 2009. Va segnalato con doverosa puntualità che le imprese agricole campane e a maggior ragione quelle della provincia di Caserta, però, non traggono nessun beneficio da questi aumenti, anzi subiscono in silenzio i pesanti effetti del maltempo sulle campagne senza peraltro rivalersi sul commercio all’ingrosso. Con il continuo abbassamento della colonnina di mercurio, infatti, non solo le produzioni orticole in campo aperto vanno fuori uso con il rischio congelamento e arresto della crescita, ma diminuisce anche drasticamente (circa del 20 per cento) la resa produttiva degli animali da latte. A tutto questo occorre aggiungere l’aumento esponenziale delle spese per il riscaldamento di serre e stalle, con conseguenti impennate dei costi produttivi energetici fino all’8 per cento nel mese di gennaio. Occorre inoltre considerare che l’effetto impietoso del meteo e dei suoi continui e repentini sbalzi termici sui prezzi alimentari avviene in uno scenario di grande difficoltà per le famiglie, provate da un anno in cui l’aumento record della pressione fiscale e la caduta verticale di redditi e potere d’acquisto hanno scoraggiato non poco i consumi. La ridimensionata liquidità disponibile, infatti, ha costretto oltre la metà delle famiglie della provincia di Caserta a ridurre di netto la spesa alimentare e circa 1/3 della locale popolazione a scegliere prodotti di qualità inferiore perché molto più accessibili. Non giova sicuramente a tutto quanto predetto la permanenza della iniqua IRAP sulle imprese agricole che è da ritenersi un’imposta scarsamente allineata ai dettami di crescita sostenibile indicati dall’Europa in quanto, com’è noto si abbatte come una mannaia sulle imprese che abbisognano di maggiore manodopera. Fisco e meteo: pollice verso.
La piccola e media impresa dei distretti industriali di Marcianise e S. Marco rappresenta un potenziale volano di crescita e ripresa economica locale, sia per quanto concerne le derivanti esternalità positive sulla ricchezza locale, sia per quanto riguarda i potenziali risvolti occupazionali della nostra provincia. Come ammetteva in una faconda disamina economica pubblicata qualche tempo fa il compianto professor Mario Pignataro, attento e perspicace interprete degli scenari economici della nostra provincia recentemente scomparso, dalla fine degli anni 70 la pmi locale si è trasformata da impresa di subfornitura a impresa a carattere autonomo e trainante. Lo hanno intuito anche Confindustria e Banco di Napoli che da qualche mese hanno intrapreso un percorso mirabile volto al finanziamento dei programmi di investimento produttivo aziendale che si spera proceda spedito. Meno sensibile e interessato alle problematiche imprenditoriali ed occupazionali appare invece la classe politica del PD casertano, in special modo l’attuale segretario provinciale Ludovico Feole che si è recentemente svenato a difendere il carattere cristallino e democratico delle primarie che Bersani ha successivamente annullato per marchiane e ciclopiche irregolarità d’ogni sorta. Per la verità c’è chi giura di non aver mai ascoltato Feole, neppure da vicesegretario, proferire sillaba o proposizione a favore di iniziative politiche locali a sostegno delle pmi dei distretti industriali casertani. Forse perché di economia, il segretario provinciale ad interim del PD non ha masticato che le poste di bilancio delle imprese del suo partito che più volte lo hanno comunque indotto a tentennare. E’ tutta una questione di “risorse umane” come stigmatizzava alacremente e brillantemente l’insigne professor Mario Pignataro che lo scrivente si fregia con commozione di aver conosciuto e apprezzato a prescindere dalle ideologie. Le risorse umane sono difatti una nota cruciale, tanto nell’imprenditorialità del distretto industriale di Marcianise quanto nella capacità rappresentativa dei partiti che oggi, fatta qualche sparuta eccezione limitata a piccole compagini, sia a destra che a sinistra propongono personaggi scadenti che difficilmente avranno l’ardire di presidiare l’economia industriale locale se disconnessa dalle fangose logiche di spartizione. La competitività e le sinergie che le imprese dell’area industriale di Marcianise sono in grado di attivare autonomamente pongono in risalto quanto possa rivelarsi decisiva la volontà di mettersi in gioco per ciascuna di esse e soprattutto quanto sia inutile e deprecabile una classe politica fuorviante e asettica come quella degli slogan piazzisti che rimandano a presunte lepri da inseguire che tanto piacciono a Feole e a tutta la politica ferma sui propri talloni a guardarsi l’ombelico.
Non deve essere molto ferrato in statistica il sindaco Del Gaudio che, dopo aver celebrato a squilli di trombe e rulli di tamburi il suo insignificante innalzamento di circa tre punti percentuali nella classifica della governance stilata da un celebre quotidiano economico, ringrazia come farebbe un divo spocchioso con i suoi fans deliranti e plagiati mentre ulula proclami vuoti come pozzi asciutti. Si può compatire il suo atavico desiderio di riscatto dettato dalle riconosciute panzane sul dissesto, dall’opacità di certi orientamenti amministrativi e dai mille e più ripensamenti governativi che lo caratterizzano anche sui social network ove si intrattiene più che in mezzo alla gente reale, ma il suo tono da sempiterna campagna elettorale condito da numeri letti a metà è stucchevole e sbavato prima che esilarante e risibile. I toni trionfali del primo cittadino andrebbero infatti calmierati con modelli statistici e psicometrici sulle preferenze detti “per confronti appaiati” che superano di una spanna l’algido 69esimo posto sbandierato, tenendo conto della mutevolezza temporale del campione preso in esame, della sua scarsa rappresentatività in ordine alle continue dinamiche della popolazione casertana e agli andamenti delle clientele che ne modificano irrimediabilmente l’attendibilità dei giudizi. Non solo, ma se si pensa al sindaco di una città meridionale come Lecce che è agevolmente paragonabile alla nostra per numerosità della popolazione, estensione e problematiche, collocatosi in graduatoria al nono posto senza scomodare il brillante Enzo De Luca, il risultato conseguito dal primo cittadino casertano è a maggior ragione scadente. Ancora una volta il dottor Del Gaudio se la canta e se la suona da solo, omettendo di considerare che una gran parte dei suoi ex sostenitori si colloca proprio nella percentuale degli scontenti (circa il 50%) e che la disaffezione popolare alla politica dietro la quale egli ama celarsi è solo la punta dell’iceberg. I cittadini non sempre sono topolini che accorrono dietro il pifferaio.
Si sa. Con l’imminenza delle elezioni i politicanti casertani si evidenziano per le farse che inscenano penosamente a difesa dei valori e delle risorse del proprio territorio, dopo averlo gettato nel dimenticatoio. E’ la volta del segretario provinciale casertano del PD Ludovico Feole che dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo sulle egemonie partitiche locali si ricorda dell’aeroporto di Grazzanise (Caserta). Un personaggio in cerca d’autore, un alfiere rosso dalle idee indefinibili abituato com’è a pretendere senza neppure voltarsi indietro per ringraziare. Eccolo il pupillo di Bersani, il segugio rosso, la lepre intrepida da inseguire, la mente illuminata in materia di infrastrutture e spesa pubblica: il segretario ad interim del PD Ludovico Feole che inonda i media di proseliti improvvisi dal sapore vagamente opportunistico a favore dell’aeroporto di Grazzanise. All’improvviso Feole si risveglia dal letargo e dai torpori delle beghe delle primarie del PD per iniettare perle di saggezza farcite di men che mediocre reclame elettorale a favore del PD e del candidato Arcangelo Correra, per ricordarsi con siderale ritardo di Grazzanise senza neppure un pizzico di sana autocritica. Il signor Feole che dubito abbia presente l’effettiva differenza che intercorre fra un costo incrementale e un costo indiretto si eleva a vate della scienza economica strumentalizzandone all’occorrenza aspetti politici ed istituzionali, suscitando lacrime di coccodrillo e pathos di bassa lega per le mancate occasioni di sviluppo per la provincia di Caserta indotte dalla Regione Campania. In realtà gli accrocchi campanilistici tanto cari a PdL ed esponenti napoletani del PD con cui Feole e compagni hanno condiviso da tempo immemore strategie, intese e comuni piani d’azione rappresentano l’unica causa reale che ha penalizzato l’aeroporto di Grazzanise quale priorità assoluta per la Campania a favore di Capodichino e degli innumerevoli interessi targati PD che vi gravitano intorno. Dove si trovava Feole quando in sede di consiglio regionale i suoi compagni di vecchia data, gli stessi politicanti coi quali ha spartito prebende, rendite di posizione e condiviso mille finte battaglie hanno votato due ordini del giorno che erano l’uno la copia fotostatica dell’altro, nei quali però non si faceva alcun cenno a Grazzanise quale priorità assolutaper la Campania e per la provincia di Caserta? E come mai leva alto il suo rosso latrato di sommario rivoluzionario solo in campagna elettorale? Quali sarebbero i motivi di ispirazione socialista che animano la succitata rivendicazione tardiva? Troppi interrogativi, nessun contenuto edificante nella presunta svolta morale di questa sinistra votata alle carnevalate e al prestigio dei derivati finanziari ( http://casertanewseconomia.jimdo.com Nando Silvestri)
(Pubblicato sulla "Gazzetta di Caserta del 24 Marzo 2013) E’ appena il caso di ricordare alla cittadinanza tribolata e vessata dal fisco che mancano solo 100 giorni all’innalzamento dell’aliquota Iva dal 21 al 22% e all’introduzione della Tares che implicherà un incremento medio del 30% per ciascun contribuente. Va subito chiarito che gli aumenti dell’imposta sul valore aggiunto non saranno indolore dal momento che essi interesseranno, oltre la spesa, anche il comparto degli enti locali, riguardando una serie di acquisti e prestazioni che incideranno in maniera importante sui bilanci degli enti locali. Non potendo questi ultimi recuperare l’Iva pagata se non attraverso accanimenti, multe e, nella più utopistica delle ipotesi formulabili sull’amministrazione Del Gaudio, mediante la razionalizzazione della spesa, è giustificabile paventare ritorsioni ed inasprimenti amministrativi sull’utenza cittadina. I casertani rischiano quindi aggravi ulteriori e trattamenti persecutori dei quali oggi si ha già conoscenza documentata sufficiente come sanzioni ingiustificate e incerti veti amministrativi. A tal proposito emergono sonore lamentele dei cittadini colpiti dall’ambigua e contraddittoria successione di pareri discordanti emessi dall’amministrazione comunale a suon di carta bollata, in ordine alle autorizzazioni di sopraelevazione concesse inizialmente dal Comune ai proprietari di immobili, seguite a breve tempo da dinieghi improvvisi e revoche degli stessi permessi elargiti in precedenza dall’ente comunale in manifesta incoerenza di fondo. Sebbene il primo cittadino ci abbia già abituato alla politica dei ripensamenti, né più né meno come fece l’ex presidente della Camera Fini, quando affermò pubblicamente che “solo chi non ha idee non può cambiarle”, talune concessioni amministrative si contrappongono vistosamente a certi divieti imperativi quando afferiscono alla medesima fattispecie e finiscono non solo col blandire la già erosa credibilità del governo locale, ma anche con l’alimentare la sensazione che determinati contrasti siano redimibili unicamente attraverso onerosi condoni predisposti all’occorrenza come il versamento di strani balzelli. L’impressione che la quotidianità cittadina sia pervasa da orientamenti istituzionali dubbi e talvolta discriminatori nei confronti dei cittadini si acuisce certamente in materia di viabilità. Sin dall’amministrazione Petteruti è stato portato all’attenzione delle istituzioni locali il gravissimo disagio lamentato dagli automobilisti nel compiere rocambolesche manovre di incrocio in entrambi i sensi di marcia di via Fonton (perpendicolare di via Cappuccini), a causa di una perseverante e tollerata inosservanza del divieto di sosta incombente su uno dei lati della succitata strada. Il disagio in oggetto, una volta emerso, è stato denunciato peraltro dai cittadini e dai conducenti inferociti ai vigili urbani, spesso circolanti in zona solo per supervisionare la regolarità delle attività commerciali presenti nel vicino mercatino rionale, purtroppo senza esito alcuno. E’ anche capitato che durante le ore antimeridiane dei fine settimana, maggiormente interessate dalla congestione della circolazione per via dello shopping diffuso a tutte le attività commerciali presenti in loco, ambulanze e auto in emergenza dirette al vicino ospedale S. Sebastiano siano state costrette a invertire la marcia e cambiare itinerario, proprio come si vede dalla foto. Quelle descritte, sono solo alcune delle tante contraddizioni che palesano uno stato cronico di abbandono amministrativo oramai radicato e strutturale, fondato sulle distrazioni dei vigili urbani e il fumus del rigore amministrativo locale, edulcorato di tanto in tanto da blandi conferimenti (come i bidoni per la raccolta del vetro) e vacue promesse (sistema fognario e strade percorribili), destinato a perdurare almeno fino a quando non saranno gli stessi noti personaggi istituzionali o i loro familiari a subirne le conseguenze. A meno che ad essi non venga riservato un diritto di prelazione dettato dalla vigente regola dell’eccezione.
L’aspetto più avvilente delle recenti vicende relative al coinvolgimento dell’ex consigliere regionale Polverino in presunti illeciti penalmente perseguibili, non è tanto la natura giuridica dei contestati reati perpetrati a sostegno di questa o quella associazione illegale rispetto ai quali si può di fatto rimanere legittimamente indifferenti o ingenuamente indignati, a seconda dei casi. Piuttosto, è l’aleggiante illusione di giustizia e di legalità propagandata sull’intero territorio nazionale a finire sul banco degli imputati, squallida e volgare come lo stato che la riflette in modo speculare. Dopo lo spiacevole malore che ha colpito Polverino al momento dell’arresto, improvviso come il disagio di un allievo inesperto prima del compito in classe, auspichiamo che la magistratura assoldata da questo stato agonizzante, a tratti spavaldo e farsesco, possa fare davvero chiarezza e lumeggiare senza riservarsi colpi di scena. Dispiacciono infatti, le assurde persecuzioni e i truci accanimenti giudiziari di rito ai danni di amministratori versatili, ricchi di risorse e attenti al proprio territorio come i nostri, anche quando culminano malauguratamente nella più angosciosa e tremenda delle pene usualmente inferte ai guru della poliedrica politica locale: i domiciliari a scadenza trimestrale. Anche se scontati in qualche rigenerante resort con piscina, salubre, confortevole, contornato da profumati frutteti e uccellini cinguettanti, come quello da cui esce definitivamente qualche ex sottosegretario locale del PDL, i domiciliari sono un insopportabile dito nell’occhio di chi presidia in ogni modo l’economia del “trafficato” territorio che governa, unitamente ai suoi “cattivi odori”. Dunque, auspichiamo di cuore che il sindaco Del Gaudio possa presto rasserenarsi per le sorti del suo mentore amico. D’altra parte, lealtà e correttezza assumono contenuti sempre più soggettivi e aleatori, non solo perché il ministro Cancellieri ci ricorda quale sia il vantaggio di avere al giorno d’oggi dei “Santi in Paradiso”. Ma anche perchè gli inquirenti, spesso arcieri prezzolati di questo stato assenteista e fatiscente, mostrano denti e muscoli a poveri derelitti e ladri di galline più volentieri che ad altri. Quanto fragore mediatico intorno al “povero” consigliere Polverino che, tra l’altro, ha dovuto subire l’inquisizione di qualche spocchioso giornalista casertano a caccia di scoop e denunce, sedicente esperto di norme violate e, a suo dire, incallito praticante di “intime effusioni notturne con i manuali di diritto penale”! Va sottolineato che la Commissione Europea non si sottilizza troppo nella condanna dell’ingerenza esterna in appalti per interessi e tornaconti vari. Anzi, con la sua negligenza marchiana la legittima in qualche modo, elevandola a norma consuetudinaria. Non a caso, la Commissione Europea invece di vigilare sulla ricostruzione dell’Aquila come stabilito, si è limitata a sorvegliare lo smistamento redditizio dei 4 milioni di euro eccedenti la spesa programmata fra lobbies, banche e gruppi di potere, vicini alla stessa UE. ”Veder fare saper fare”, dicevano i nostri avi; tutto sommato il diritto comunitario deve entrare prima o poi nel nostro ordinamento in tutte le sue forme, comprese quelle più deprecabili e dannose, attraverso l’articolo 10 della Costituzione italiana. Quindi, non bisognerebbe sorprendersi più di tanto se taluni orientamenti comunitari venissero in qualche modo seguiti e riprodotti anche nel Bel Paese. La verità, coincidenze a parte, è che “l’alto senso dello Stato” di cui parlava qualche tempo fa un deputato suscitando inutili polemiche sul passato di un’Italia all’impiedi, è finito tra le mani bisunte di prestigiatori in toga e giocolieri in giacca e cravatta che dettano dai propri scranni vellutati direttive e precetti flatulenti sull’evasione fiscale che essi stessi deridono per primi in religioso silenzio. La parcellizzazione degli interessi finanziari passa attraverso i solidi ponti istituzionali sino a giungere ai potentati di vario rango e a depauperare ineffabilmente i cittadini, prima spogliati dal fisco e poi fustigati da sprechi oceanici. Allora ci sarebbe veramente poco da meravigliarsi se gli italiani ridotti alla greppia dovessero scegliere di resistere all’avidità tracimante di faccendieri e onorevoli, eludendo fin dove è possibile il fisco per portare a casa un misero pezzo di pane. Senza strizzare necessariamente l’occhio agli evasori, sarebbe solo una questione di sopravvivenza anziché di legalità. Qualcuno a torto o a ragione è addirittura costretto a rimpiangere le dittature totalitarie di un tempo, meno insidiose e dispendiose della beffarde maschere di democrazia che celano le diseconomie erosive di mastodontici piani urbanistici e viari. Quelli che hanno sempre attratto il sindaco di Caserta Del Gaudio (PDL) che, seppur inibito dal lessico incerto, si è sempre chiaramente espresso a favore di pianificazioni stradali e infrastrutturali imponenti e ridondanti in ordine all’ormai tristemente noto alle cronache italiane nosocomio casertano. Meta di continue riorganizzazioni, l’ospedale di Caserta resta da anni al centro di assortite premure e attenzioni, anche se ne offre davvero rarissime dal punto di vista medico, assistenziale e professionale. Le presunte prospettive di sviluppo territoriale offerte dal binomio imprenditorialità sfrenata-istituzioni attirano da tempo, tanto Del Gaudio quanto Polverino con straordinario entusiasmo, come ricordava pure la signora Maietta tempo addietro. Ecco perchè inquinamento, cave, decadenza, speculazioni, vessazioni contributive e disservizi vari sono divenuti praticamente dettagli inutili e sbavati, praticamente improduttivi di rendite e prebende. Intrigato dalla finanza d’assalto sin dai tempi degli esami di macroeconomia, l’ex collega universitario Del Gaudio vanta mirabili conoscenze di strategie aziendali che superano a dismisura i canonici lineamenti accademici e le blande convenzioni sulla tenuta dei libri contabili dettate dal codice civile. Sarà forse per questo che da anni subisce assieme a Polverino tutto il fascino e la seduzione dell’urbanistica smodata avente come unico obiettivo l’edificazione a tutti i costi, mattone su mattone, senza riserve. Davvero un peccato che simili slanci e propensioni, sottesi peraltro a brillanti ascese politiche, debbano essere rallentati in qualche occasione da incidenti di percorso vari e misure di facciata. E’ sicuramente condivisibile che in un momento così difficile come quello attuale caratterizzato anche dall’implosione del PDL e dei suoi tentacolari assetti locali, il sindaco Del Gaudio sia vicino all’ex consigliere Polverino. Del resto non se ne è mai allontanato troppo, anche quando vantava prematuramente la certezza matematica di indossare la fascia tricolore di primo cittadino, traendo proprio dall’amico Polverino tutta la confortante sicurezza aritmetica di cui abbisognava per spendersi pubblicamente. Spiace invece leggere che Del Gaudio per solidarizzare legittimamente con l’amico Polverino abbia dovuto ammettere che “il nostro è un territorio molto difficile da governare”. Una conclusione infelice quella del sindaco, perché la sua amministrazione non è certo la componente più benefica di una rigorosa terapia raccomandataci dal più scrupoloso dei medici curanti, come pretenderebbe invece la nota autoreferenzialità del primo cittadino di Caserta. Per quanto ci riguarda, del suo operato come pure quello di altri suoi partners che non vedevano l’ora di accomodarsi sulle comode poltrone dei vari palazzi, potremmo anche fare a meno.
Quasi tre anni fa circa cento economisti mondiali divulgarono un trattato dal sapore squisitamente sibillino nel quale ammonivano le artificiose linee di austerità della politica economica proposte dalla UE. La lettera, a torto sottovalutata e disconosciuta, allertava le nazioni in ordine agli imminenti pericoli della politica restrittiva da sempre imposta dall’UE e ai fondati rischi di deflagrazione dell’Area Euro, sottolineando soprattutto la minaccia della speculazione, della caduta occupazionale e del potere d’acquisto che un tale orientamento provocava ineluttabilmente. Oggi, non si può evitare di convenire con i 100 economisti suddetti visti gli indiscutibili prolassi economici, strutturali e congiunturali caratterizzanti la quasi totalità dei paesi europei, la recessione dilagante, la diffidenza annosa e radicata del Regno Unito e le rivendicazioni peraltro plausibili dei crescenti movimenti nazionalisti di Ungheria e Bulgaria. La gravissima crisi economica globale e la connessa crisi della zona euro, non si risolveranno attraverso tagli ai salari, alle pensioni, allo Stato sociale, all'istruzione, alla ricerca, alla cultura e ai servizi pubblici essenziali, né attraverso un aumento diretto o indiretto dei carichi fiscali sul lavoro e sulle fasce sociali più deboli. L'Europa, così come è stata distrattamente concepita, preconizza elementi di autofagocitazione, essendo ridotta ad un accrocchio di misure che da lungo tempo non fanno altro che acuire contrasti e contraddizioni ora divenute insanabili. L'Unione Europea è ridotta ad una mera "associazione monetaria" priva di omogeneità politica, giuridica, economica ed istituzionale, destituita di ogni lucida credibilità. Grazie alla miopia dell'Unione Europea stiamo perdendo i benefici del settore primario e le diverse proficue esternalità ad esso connesse, da sempre rivelatisi fattori strategici per la crescita del nostro paese. Ma stiamo anche sacrificando, al medesimo tempo, le imprese nascenti, le risorse turistiche, le bellezze naturali e le iniziative imprenditoriali autoctone per favorire le lobbies del potere economico e finanziario che trovano nei cupi meandri della prolissa legislazione europea e delle clientele di turno spazi favorevoli e cunicoli bui che conducono alla siderale concentrazione di redditi e risorse. Lo sosteneva anche il premio Nobel americano per l'economia Joseph Stiglitz, il quale non esitò neppure un attimo ad esternare le proprie perplessità sul carattere incompleto, sommario e superficiale della “coesione europea” che si andava delineando già qualche anno fa e che, invece, tanto piace così com’è, untuosa e virtuale, al nostro presidente della repubblica quando ne parla a sproposito tanto per avallare il confortevole status quo di chi come lui se ne avvale a scapito di altri. O si costruisce l'Europa dei Popoli tenendo in debito conto le loro differenti esigenze, oppure l'Unione seguiterà ad avvitarsi irreversibilmente sulla plutocrazia dei potentati finanziari dei quali è attualmente ostaggio ed espressione marchiana. Onore alla vittoria di tutti quei movimenti che antepongono la Rinascita Nazionale all'illusione dell’armonizzazione, pregna soltanto di distruttiva omologazione amministrativa. Onore a chi ripudia l’ipocrisia del debito cumulato per finanziare i privilegi di banchieri, mistificatori e burocrati che fanno dell’Euro una perenne rendita appetitosa e della miseria uno squallido strumento di propaganda elettorale predisposto ad hoc dai fautori della democrazia onnivora e sanguinaria. Onore all’Islanda che ha respinto a denti stretti il monetarismo usuraio internazionale senza legarsi alla BCE, alla Banca Mondiale e al FMI come farebbero le remore con gli squali, riappropriandosi così della dignità nazionale, dell’autodeterminazione e dei diritti della sua gente. Sono lontani i tempi in cui dalle paludi nascevano economie forti, liberali, sociali e durature avendo l'Europa incentivato un veloce processo di annichilimento in direzione opposta che occorre scongiurare a qualunque costo.
Non fa certamente male un pizzico di sano orgoglio sportivo di questi tempi così difficili per la provincia di Caserta. Basta veramente poco per guardare oltre il pallone e scorgere i campioni di casa nostra, senza incorrere nelle retoriche trite e ritrite del calcio napoletano sulle quali si accartocciano volentieri anche i vertici istituzionali locali come il sindaco di Caserta. I casertani che amano lo sport nelle sue accezioni più ampie e la competizione intesa nel senso più schietto e autentico del termine, oggi possono legittimamente rivendicare, tra gli altri, anche un primato locale nel Trofeo Interforze, uno dei 6 trofei nazionali di motociclismo agonistico. Quello di Giacomo Serao, salito al terzo posto di uno scontro agguerrito, diviso in 5 gare disputatesi nei maggiori circuiti italiani riconosciuti a livello internazionale, ovvero quelli di Vallelunga, Misano e Mugello. Va precisato che il Trofeo Interforze, i cui iscritti devono essere obbligatoriamente “licenziati” FMI”, nasce come una competizione riservata ai membri delle Forze Armate e di Polizia, ma ben presto si estende a tutti gli sportivi del veloce mondo delle due ruote e, ad oggi ne rappresenta uno dei maggiori punti di riferimento nazionali. Le classi dei piloti che gareggiano nel Trofeo Interforze sono 4: “open 600”, “open 1000”, s-stock 600” e la maggiore, la “s-stock 1000”, quella dell’intrepido Giacomo Serao che ha portato a casa, un rutilante Terzo Posto, nonostante le avverse condizioni fisiche che lo hanno penalizzato il 28 aprile scorso al Mugello dove, purtroppo, non ha potuto totalizzare punti utili. Nel segno degli uomini e degli sportivi tenaci e coriacei che non si lasciano sopraffare dalle avversità e che tanto ci ricordano le figure emblematiche della filosofia tedesca, il numero 49 del Team denominato “Crazy Rockets” di Sessa Aurunca, ha incalzato con una vorticosa rimonta il 23 giugno a Vallelunga, il 25 agosto al Mugello, il 29 settembre a Misano, affermandosi definitivamente alla terza posizione lo scorso 20 ottobre, ancora a Vallelunga. Si sa, chi la dura la vince e Giacomo Serao, nel corso dell’ultima gara, quella decisiva, ha dato luogo ad un avvincente duello con l’avversario ed amico Giuliano Tigani della Tigani Racing, recentemente passato dalla categoria “open-600” alla “s-stock 1000”, il quale tra l’altro, aveva tuonato di riservare gatte da pelare e sorprese nel circuito di casa per i suoi colleghi. E invece l’unica sorpresa degna di nota della gara è stata proprio Giacomo Serao che, in sella alla sua brillante Suzuki, saggiamente affidata alle premurose cure dell’ industrioso meccanico Michele Fionda, dopo una spasmodica e impressionante alternanza di sorpassi al cardiopalma con l’avversario Tigani, lo supera in volata e pone fine al match, salendo arditamente sul terzo gradino del podio, ben classificato. Il pilota di Sessa Aurunca (Ce), centauro sagace della squadra dei “Missili Impazziti”, targata Motoclub Domitio, ad onor del vero si è distinto non solo per la sua brillante e apprezzabile performance in un campionato motociclistico di rilevanza nazionale, ma soprattutto per il suo giudizioso equilibrio e la sua spiccata propensione agonistica. Difatti, tra le poche dichiarazioni rese ai cronisti, Serao ha riferito di essere soddisfatto dei risultati conseguiti nella stagione ma, prima di ogni altra cosa, di essersi divertito molto a gareggiare e competere con avversari motivati e teams blasonati. Un’esperienza, quella di Serao, che insegna molto ai casertani tutti e incarna sinceramente tutto lo spirito battagliero di chi nello sport, come nella vita, si mette ostinatamente in gioco malgrado tutto, spendendo fino allo stremo l’unica risorsa vitale di cui dispone, il carattere. Bravo Giacomo, aspettiamo la premiazione ufficiale del moto-day a marzo 2014 per apprezzare ancora una volta il tuo portamento teutonico; per adesso ci basta saperti uno di noi.